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dall'Albania

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Quella di Konstandin più che una storia sembra il racconto di un’odissea, dove si intrecciano il meglio e il peggio dell’esperienza di un immigrato.

La storia ha una conclusione positiva, come sempre avviene quando tra le persone nascono la fiducia e il rispetto.

Sono originario dell’Albania, nella zona vicino a Valona.

Lì lavoravo nell’azienda agricola sperimentale di un Istituto di agraria.

A 26 anni sono venuto in Italia nel 1994, con il traghetto, ospite di un fratello, a Vieste, nel Gargano.

Dopo qualche settimana ho trovato lavoro nei campi, per la raccolta del pomodoro.

Si lavorava dalle otto del mattino alle sei di sera, con un’ora di intervallo per mangiare e riposare un po’. Io facevo anche due ore dalle cinque alle sette a raccogliere alcune verdure che venivano portate fresche al mercato: due cassette di zucchine, due di melanzane, due di pomodori, e così via. In media, lavorando così, guadagnavo ottanta mila lire al giorno.

Era molto pesante, alla sera ero molto stanco a stare tutto il giorno curvo, mi sanguinava il naso.

Dopo aver fatto l’aiuto cuoco e lavapiatti durante la stagione estiva ho trovato lavoro in un parcheggio, questi sono posti turistici: dalle sei di mattina alle due di notte.

Guadagnavo abbastanza ma lavoravo moltissimo.

Un giorno ho avuto la fortuna di incontrare alcune persone, turisti italiani: due coppie di Vicenza, un signore di Imola.

Una coppia di Vicenza aveva dimenticato valigia e chiavi. Io ho cercato di rintracciarli ma non ci sono riuscito e ho tenuto la roba nella baracca in cui lavoravo, finché sono venuti a cercarla.

In questa occasione ho guadagnato la loro stima tanto che mi hanno lasciato il loro recapito di Vicenza, dicendomi che se avessi avuto bisogno, una volta ottenuto il permesso di soggiorno, mi potevo rivolgere a loro per cercare un lavoro al nord.

Anche quello di Imola mi ha lasciato il suo recapito.

Così nel 1996, quando c’è stata la sanatoria e ho avuto le carte in regola, sono partito per Imola.

Lui mi aveva detto di andare senza preavviso, perché mi avrebbe aiutato a trovare lavoro.

Così sono andato da lui, ma mentre mangiavamo insieme ho sentito che parlava di me alla moglie come di un ‘ciucio’, un asino insomma.

Allora gli ho chiesto se riteneva di potermi aiutare a trovare un lavoro come mi aveva promesso, ma lui non mi dava una risposta precisa.

Mi ha accompagnato in una specie di istituto per stranieri, dicendomi che lì conosceva un tale che mi avrebbe dato un posto per dormire.

Questo tale non c’era, e lui mi ha detto di aspettarlo fino alle dieci di sera, quando sarebbe tornato; erano le cinque del pomeriggio. Il portinaio non mi ha fatto entrare, anzi mi ha detto che quel tale di cui mi ero fidato non si sarebbe più fatto vivo.

Evidentemente lo conosceva già.

Così sono partito per Vicenza, in cerca delle altre persone di cui avevo il recapito.

Loro sono venuti a prendermi, mi hanno ospitato in casa per alcune notti, ho dormito anche in casa di qualcun altro della famiglia. Mi hanno aiutato a trovare lavoro, ho avuto subito il contratto a tempo indeterminato.

Ma non riuscivo a trovare una casa.

Era il 1996, c’erano fuori i cartelli: “Non si affitta ai meridionali”. Io ho pensato: Figurarsi se affittano a me. Infatti mi è capitato che, già stabilito il prezzo, mi presentavo e mi dicevano di no, perché ero straniero.

Ho dormito in un albergo durante le feste di Natale, perché erano andati via gli ospiti soliti, ma poi me ne sono dovuto andare.

Per tre notti mi sono rifugiato nei vagoni in stazione, ma i miei conoscenti mi hanno scoperto e mi hanno rimproverato di non averli avvisati del mio disagio.

Sono stato aiutato a trovare alloggio in una casa del Comune per persone che avevano bisogno.

Avevo molto spazio, c’erano altre camere, ci stavo bene e pagavo 250.000 lire al mese.

Ma a un certo punto hanno dato il posto in queste stanze a tre immigrati africani.

Avevamo la cucina insieme, dovevamo comunque convivere, ma è stato troppo difficile per me e non sono riuscito ad abituarmi al loro modo di vivere, così me ne sono andato.

Sono stato in roulotte con altri albanesi per tre mesi e poi ho preso in affitto un piccolissimo locale qui in zona, da uno di Maddalene, che aveva tirato su delle pareti divisorie per creare dei locali: ci stava una persona e mezza.

Era piuttosto scomodo, molto promiscuo, perché le pareti erano di cartongesso e si sentiva tutto.

Pagavo 650 mila lire al mese.

A quel punto ho conosciuto una coppia che mi ha molto aiutato.

Mi hanno consigliato come fare per ottenere una casa dall’ATER. Mi hanno aiutato a ottenere il mutuo, perché la banca dove avevo i miei risparmi non me lo ha concesso.

La case ATER venivano assegnate all’incanto. Io sono riuscito ad ottenerla perché ho aggiunto mille lire in più alla cifra più alta: avevo imparato bene il trucco.

Così ho avuto questa casa, finalmente.

Sono tornato in Albania, mi sono sposato, era il 2003, e poi siamo venuti insieme qui, dove sono nate le nostre due bambine, che adesso hanno quattro anni una e undici mesi l’altra.

Qui sto bene e mi spiacerebbe andar via.

Conosco tante persone, ho allenato i ragazzi della squadra di calcio del Villaggio del Sole perché in Albania avevo a lungo praticato questo sport.

Anche nell’appartamento stiamo bene.

Ho chiuso un balcone e ho messo i doppi vetri, per attutire il rumore di viale del Sole.

Si sentono solo le sirene dei mezzi di soccorso.

Noi siamo proprio la coda della Bissa. Sulla nostra scala ci sono otto famiglie di otto nazionalità, di cui una italiana.

Ci siamo organizzati per i lavori di manutenzione, abbiamo imbiancato anche il piano terra, adesso stiamo valutando la possibilità di rifare le tubature del gas e dell’acqua.

Siamo tutti proprietari, eccetto una famiglia. Io ho fatto da caposcala per due anni.

Adesso passo l’incarico a un altro.

Abbiamo anche un po’ di soldi in cassa, dopo aver fatto i lavori.

Il mio posto di lavoro di pelletteria è qui vicino, in una importante fabbrica del settore.

Porto a casa del lavoro per mia moglie, così riesce a lavorare anche lei e a badare alle bambine e alla casa.

Qui vicino, al Villaggio del Sole, ci sono anche mia madre e altri miei fratelli.

Siamo ormai sistemati e siamo contenti.