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Natasha racconta lo sforzo comune a tutti quelli che emigrano, la fatica affrontata per trovare una casa, l’adattamento non sempre facile ai nuovi ritmi di vita e di lavoro.

Ma soprattutto esprime la nostalgia della famiglia di origine e del proprio paese, che si lascia solo per la speranza di un miglioramentoi.

Natasha e suo marito sono in Italia da sei anni.

Sono partiti dal loro paese per cercare di stare meglio, trovando un lavoro e condizioni di vita migliori.

Adesso abitano, in affitto, in un appartamento confortevole, ma all’inizio è stato molto difficile trovare casa.

Anche se avevano tutte le carte in regola, permesso di soggiorno e lavoro, nelle agenzie non riuscivano a trovare una casa.

“Ci dicevano proprio così: per voi non si trova” dice Natasha.

Hanno cercato casa per sei mesi di seguito, ma ogni volta si sentivano rispondere che per loro non c’era casa, perché erano stranieri.

Poi finalmente hanno trovato questo appartamento.

Lavorano tutti e due e si trovano bene da questo punto di vista.

Certo non è facile vivere in un altro paese.

Riescono a tornare a casa due o tre volte in un anno, per rivedere i genitori e gli altri parenti.

“Il modo di vivere qui è molto diverso dal nostro – dice – non solo per le diverse possibilità economiche. Da noi la giornata lavorativa comincia più presto, non ci sono intervalli per il pranzo, e poi nel primo pomeriggio, verso le tre, si finisce l’orario di lavoro e si torna a casa per mangiare. Così si sposta tutto l’orario della giornata e la cena si fa molto più tardi. Anche il modo di mangiare è diverso, qui si mangia meno pesante. Ci sono molte cose che rendono la vita qui più regolata, con orari più precisi per tutto”.

Abitare qui al Villaggio non è stata una scelta perché questa è la casa che sono riusciti a trovare, ma si trovano bene.

Il posto è abbastanza tranquillo e, dopo le prime difficoltà iniziali, adesso si trovano bene perché anche con i vicini si conoscono meglio, agli inizi c’era un po’ di diffidenza, come è normale quando ancora non ci si conosce.

Sarebbe bello avere più spazi per stare insieme, anche all’aperto, perché chiusi dentro gli appartamenti si è sempre un po’ isolati.

Qualche volta hanno preparato da mangiare sul fuoco all’aperto nello spazio alberato dietro al mercato, è stato molto bello, e a loro piacerebbe poterlo fare più spesso, per stare insieme.

Natasha parla un buon italiano, anche se non è facile, dice.

Ma dovendo lavorare e stare molto fuori di casa si impara necessariamente a parlare.

La difficoltà è più grande per chi non esce quasi mai di casa, come capita ad alcune donne che non lavorano. 

Qui al Villaggio e in città ci sono molti serbi e la loro comunità ha anche una chiesa, in città vicino al ponte degli Angeli, così si ritrovano nelle festività.

Molti si conoscono tra di loro perché provengono da posti vicini. In città c’è anche un negozio dove possono trovare i prodotti tipici di casa, e diventa anche un punto di incontro.

Tutto questo può contribuire a farli sentire meno lontani da casa, anche se la nostalgia resta sempre molto forte.