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La storia di Marizela, giunta in Italia sette anni fa, si innesta su quella della famiglia di suo marito, emigrata in Italia molti anni prima.

È una storia positiva, di lavoro, di intraprendenza, di convivenza, e anche il futuro sempre incerto viene guardato con fiducia.

Marizela viene dalla Serbia, dalla parte orientale del paese, verso il confine con la Romania.

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In particolare la famiglia di suo marito era più a nord e la sua invece verso sud, in direzione della Bulgaria.

Il confine tra la Serbia e la Romania per un lungo tratto è costituito dal Danubio.

La vicinanza con la Romania ha creato da sempre occasioni di scambio anche dal punto di vista linguistico, tanto che loro parlano anche romeno.

Questo li facilita molto nei confronti dell’italiano, che è lingua neolatina come il romeno appunto.

Marizela è venuta in Italia sette anni fa, quando si è sposata.

Qui sono nati i suoi due bambini, il più grande, Davor, che adesso ha cinque anni e il piccolino, Martin, di sei mesi.

La famiglia di suo marito invece era qui in Italia da molti anni, dagli anni Ottanta.

Erano venuti in Italia per trovare possibilità di lavoro diverse e migliori di quelle che offriva il loro paese. In realtà là avevano una casa spaziosa e molto bella, ma il lavoro possibile era soltanto quello agricolo e loro volevano cambiare.

La suocera racconta della loro prima sistemazione a Lonigo.

Il marito lavorava in una fonderia e il padrone metteva a disposizione anche l’alloggio gratis pur di avere gli operai.

Ma era un lavoro malsano e infatti dopo tre anni il marito lo ha lasciato.

Anche lei intanto lavorava, presso qualche famiglia, tutti lavori trovati tramite un’agenzia.

Erano pochi allora gli immigrati quindi era anche più facile trovare casa e lavoro.

Lei si è sempre trovata bene nelle famiglie in cui è stata mandata, eccetto un caso particolare, e tutti le hanno sempre voluto bene.

Marizela è venuta in Italia insieme al marito, si erano conosciuti in Serbia.

Lei aveva finito di studiare, ha un diploma in ambito sanitario, corrispondente al nostro tecnico di laboratorio.

È un diploma che non viene riconosciuto in Italia, sarebbe stato meglio quello di infermiera.

All’epoca lei aveva vent’anni e dopo due anni hanno avuto il loro primo bambino.

Per qualche tempo sono rimasti ad abitare a Orgiano, lei ha lavorato per un breve periodo in un ristorante a Lonigo e non sapeva una parola di italiano ma ha potuto frequentare per tre anni la scuola di italiano per adulti (EDA).

Poi hanno cercato casa a Vicenza. Marizela, la suocera e la giovane cognata infatti lavorano a Vicenza e la spesa per spostarsi diventava notevole.

Così hanno acquistato l’appartamento in cui abitano, al Villaggio del Sole.

Non è stato facile trovare casa, perché essendo stranieri venivano guardati con sospetto.

Poi hanno trovato questo appartamento, di proprietà di persone anziane, i cui figli però erano emigrati in Venezuela molti anni fa.

Questi non si sono tirati indietro quando hanno visto che erano stranieri.”Anche noi siamo stranieri là dove viviamo” - hanno detto- “e sappiamo bene cosa vuol dire emigrare”.

Il Villaggio è un bel posto per abitare, dice Marizela, perché è molto tranquillo anche se manca qualche bar e pasticceria.

Le case sono comode e c’è molto verde intorno.

C’è un bel parco giochi e anche le strade sono tranquille, anche di sera e di notte, eccetto qualche momento.

Il condominio è abitato da alcune famiglie di italiani, i primi venuti cinquanta anni fa, che ora sono anziani, e da alcune famiglie di stranieri

 All’inizio c’è stata una certa diffidenza da parte dei vecchi abitanti, anche perché col cambiamento di proprietà degli appartamenti il sistema di gestione del condominio è diventato più complicato.

Come in tutto il Villaggio infatti anche qui c’era il caposcala, ogni famiglia a turno si assumeva questo incarico.

Purtroppo la cosa non ha più funzionato ed è stato scelto un amministratore, che poi è stato cambiato.

Adesso le cose funzionano, a parte i problemi legati alla convivenza di persone tanto diverse che devono comunque stare insieme.

Piano piano tutti si abituano gli uni agli altri.

La suocera, Draga, racconta che quando Marizela è stata in Serbia per due mesi d’estate alcune signore della scala chiedevano notizie, perché non sentivano più la voce del bambino a cui si erano ormai abituate.

Anche per il lavoro Marizela racconta di essersi trovata bene, a differenza di quello che sente dire da altre sue conoscenti immigrate come lei.

La signora del locale in cui lavora l’ha accompagnata anche a cercare la casa e le ha dato buoni consigli.

Uno dei problemi più gravi invece per loro è la fatica che hanno dovuto fare per ottenere i documenti necessari, anche quando tutte le carte erano in regola.

A volte si perdono intere giornate di lavoro andando da un ufficio all’altro, spesso inutilmente.

È tutto molto complicato.

Marizela sottolinea alcune delle diversità nel modo di vivere che l’hanno maggiormente colpita.

Molti si meravigliano del fatto che loro riescono a vivere insieme con i genitori del marito e la cognata, ma questa è la loro mentalità.

Così si aiutano, ma si fanno anche compagnia.

È impensabile per lei vedersi soltanto una volta la settimana, con i parenti o con gli amici, mentre è naturale vedersi spesso, per parlare, per stare insieme.

È difficile da capire per loro anche la tendenza a prolungare gli studi, sposarsi e avere figli sempre più tardi come sta avvenendo da noi.

Qui si trovano bene, ci vivono volentieri, superando le difficoltà inevitabili della convivenza tra mentalità a abitudini diverse.

E fin che i figli studieranno resteranno in Italia; quello che sarà il futuro è difficile da prevedere, ma questo vale per tutti, italiani e stranieri.

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