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La signora Milan ricorda volentieri gli anni trascorsi al Villaggio.

Ha vissuto positive esperienze di rapporti umani di buon vicinato, ha dato e ricevuto aiuto, anche nei momenti dolorosi della sua vita.

La sua bella casa custodisce questo patrimonio di affetti e di ricordi.

La signora Milan è venuta ad abitare al Villaggio nel gennaio del 1962, perché il loro fabbricato è stato finito più tardi degli altri.

La loro strada, l’attuale via Cadamosto, non era ancora asfaltata e costeggiava un fosso, confinante con i campi dei Rizzato.

Si chiamava ancora via Giovanni da Verazzano.

Ora il palazzo ha belle aiuole di fiori lungo il marciapiede e grandi alberi a bordo strada.

Anche nell’appartamento lei tiene molte piante, fiorite anche d’inverno nel balcone che fa da serra..

Quando è arrivata in questo appartamento le pareva di “diventare mezza matta” dalla gioia, perché prima abitava in una casa a piano terra, che riceveva poca luce dall’esterno ed era più piccola di questa.

Qui si è trovata in un appartamento grande,con tanta luce e una bella vista tutto intorno.

C’era il riscaldamento autonomo che allora non c’era in tante case, e suo marito le aveva fatto “tirare a piombo” i pavimenti, che erano diventati così ancora più belli.

Loro avevano abbastanza mobilia mentre molte case erano vuote e gli abitanti si indebitavano per arredarle.

Erano tempi di povertà molto diffusa ma nessuno ha mancato di pagare, anche se a rate, con cambiali; erano persone oneste e il lavoro non mancava.

Lei si è affiatata subito con i vicini.

Tutti erano molto contenti dell’appartamento loro assegnato.

Suo marito le aveva fatto trovare il telefono già funzionante.

Erano gli unici della scala ad averlo e così è servito anche agli altri abitanti in varie emergenze.

Infatti lei riceveva le telefonate e poi andava a riferire, per esempio un camionista che voleva avvertire la moglie di un forte ritardo, e le è anche capitato di portare a qualcuno la notizia della morte di un parente.

Altre volte riceveva e dava notizie di malati che erano all’ospedale, e così via, finché anche gli altri hanno avuto il telefono.

Anche oggi si trova bene e in parte questo è merito della signora che abita sul suo stesso pianerottolo, una donna energica e lungimirante.

È stata questa signora che ha proposto tenacemente e ottenuto, l’installazione dell’ascensore, che oggi si rivela molto utile.

Fin dall’inizio si aiutavano tra famiglie, sulla scala.

Anche lei ha dato una mano a qualcuno che era malato in ospedale, lavando i panni e preparando qualcosa da mangiare.

C’era molta povertà, sulla tavola a volte c’erano povere minestre ‘senza occhi’, come si diceva allora, senza un minimo di condimento.

Quando è possibile se c’è bisogno si danno ancora una mano con i vicini, anche se adesso non ci sono più certe forme di povertà così evidenti.
Al Villaggio c’era tutto quello che poteva essere necessario.
Nei primi anni andava a far la spesa alle ACLI, in via Caboto.
C’erano varie botteghe, il lattaio, il fruttivendolo e anche un negozio di giocattoli.

In via Malaspina c’era l’ambulatorio medico, dove si alternavano i vari dottori,il dottor Basso, che ha lavorato qui per tanti anni, e come pediatra c’era il dottor Enrico Hüllweck, che ha curato i suoi figli.

Avevano quattro figli; Lucia, la maggiore, è morta in un incidente stradale a 48 anni.
I figli si sono sposati presto e lei è bisnonna già da qualche anno.

Hanno tutti frequentato la scuola Colombo e lei ha sempre fatto la rappresentante di classe, anche alle medie Calderari.

Lucia ha partecipato sempre alla vita della parrocchia, insegnava dottrina, animava i giochi dei ragazzi e spesso dava una mano anche nelle attività ai Fiorentini.

Lei e il papà andavano a trovarla, portavano dei dolci e passavano insieme belle giornate.

Anche lei ha un caro ricordo di don Gianfranco, era una persona meravigliosa.

Spesso però si trascurava e lei qualche volta gli dava una mano anche tenendogli in ordine gli indumenti.

Qualche mese dopo il loro arrivo qui, nella primavera del 1962, sua figlia Roberta ha fatto la prima comunione.

Erano 120 bambini.

Non era ancora finita la chiesa di san Carlo e poiché non ci stavano nella baracca usata come chiesa, hanno fatto la cerimonia nel salone di ingresso della scuola Colombo.

I suoi figli hanno frequentato anche la biblioteca, anzi a volte dimenticavano di restituire i libri in tempo e lei andava a riportarli.

I suoi figli hanno sempre avuto degli amici tra i compagni di scuola, si frequentavano anche nelle rispettive famiglie.

Questo è stato particolarmente importante per lei, soprattutto quando è morto suo marito ed è rimasta sola con i ragazzi.

Quando sono cresciuti, si sono diplomati e sono andati per la loro strada.

Ora abitano tutti non lontano da qui, spesso sono da lei e hanno conservato anche dei buoni rapporti con alcuni degli amici del Villaggio