Lawrenda ci aiuta a conoscere gli immigrati di seconda generazione, non più bambini al seguito della famiglia, non ancora adulti.

Hanno progetti e sogni, anche loro come tutti a questa età,ma in loro tutto questo è reso più intenso dalla doppia esperienza: quella di partenza e quella di arrivo.

Può essere una duplice ricchezza per il futuro.

 

   

Lawrenda è venuta in Italia tredici anni, dal Ghana, insieme a sua sorella, per ricongiungersi con il padre Alex, che era partito nel 1990.

 

Uno dei motivi per cui ha scelto di venire qui, oltre a quello, appunto, di riunirsi al padre, è stato il suo desiderio di completare gli studi, perché abbiano una buona validità formativa e anche giuridica.

  E’ quello che sta facendo.
 

Non è ancora tornata in Ghana, da quando si trova in Italia. Viveva ad Accra, la capitale.

     
 

Adesso è facile comunicare anche con internet, anche se abitualmente ci si sente per telefono.

     
 

Ora tutti hanno un telefonino, dice, anche i bambini.

     
 

Solo alcuni anni fa non era così, molte cose sono rapidamente cambiate in questi ultimissimi anni.

     
 

Se si vuole fare un confronto col suo paese di origine , rispetto ad alcune tradizioni, qui c’è una maggiore libertà, soprattutto per le ragazze.

     
 

Questo riguarda in particolare il matrimonio che nella loro tradizione generalmente è combinato dalla famiglia.

     
 

Per lei è evidente invece che si deve essere liberi di scegliere la persona con cui condividere la propria vita.

     
     

Quando è arrivata qui è stata inserita in seconda media, alla Calderari. Si è trovata bene, a parte una iniziale difficoltà dovuta alla lingua e anche alla sua timidezza.

     

Ha stabilito buoni rapporti con alcuni dei compagni.

           
 

Altri invece l’hanno ignorata, ma non c’è mai stato un atteggiamento di discriminazione da parte di nessuno.

 

   

Alla fine della scuola media ha scelto di frequentare l’Istituto alberghiero di Recoaro.

 
   

In realtà anche lei, come molte ragazze, avrebbe voluto fare la hostess, ma si considera troppo timida per stare sempre di fronte a tanta gente.

 
 

Ha scelto l’istituto alberghiero in base al suo desiderio di lavorare comunque in quel settore.

 
 

Aveva pensato per prima cosa all’accoglienza come receptionist, ma poi , sempre per timidezza, ha preferito un lavoro che la tenesse lontano da troppi incontri con persone sconosciute. 

 

 Ha studiato per diventare cuoca ma adesso vorrebbe sfruttare la sua predisposizione per le lingue e passare a questo settore di specializzazione.

 

Nella scuola che frequenta si è fatta delle buone amiche. Sono, dice, ‘belle persone’, sincere, che danno e meritano fiducia.

 
   

Con loro trascorre molto del suo tempo libero. Però ha trovato anche qualcuno che le ha detto “tornatene al tuo paese” e altre cose sgradevoli.

 

Sul pullman che ogni giorno deve prendere è stata spesso presa di mira, insieme ad altre due ragazze africane, da alcuni compagni di viaggio, con parole offensive e anche lanciando contro di loro carte e cose simili.

 

Lei ha reagito, andando anche a parlare con i responsabili del servizio, e adesso con lei le cose sono un po’ cambiate, ma le altre che non hanno reagito sono ancora in difficoltà.

 

Al Villaggio del Sole si trova bene, è un posto tranquillo, rispetto ad altri quartieri, anche vicini, molto più rumorosi. Conosce relativamente poche persone.

 

Ci sono parecchi giovani tra gli immigrati, tuttavia il quartiere non è necessariamente per loro il punto di incontro.

 

Hanno infatti i loro amici nelle scuole che frequentano più che nel luogo in cui abitano.

 

Si spostano con facilità da una zona ad un’altra per giocare o per stare insieme.

 

Lei per esempio frequenta i suoi amici delle medie nella zona della Calderari.

 

E anche quando vanno in città questi gruppetti hanno dei punti di ritrovo comuni, ma restano un po’ chiusi in se stessi.

 

Anche lei, come tutti alla sua età, si pone il problema del futuro immediato, la ricerca del lavoro e tutto il resto.

 

Sa che alcune possibilità le sono negate perché non ha la cittadinanza italiana e questo, in prospettiva di futuro, complica notevolmente la sua vita, e quella di molti altri come lei.