I vecchi abitanti del quartiere sono contenti di raccontare la loro lunga esperienza. Non sempre, non tutto è stato facile.

Ci sono dolori familiari, soddisfazioni professionali e tanto altro ancora.

Tutto è raccolto nel ricordo, dentro questa casa e nella vicinanza condominiale, che può essere faticosa ma anche piacevole come tutte le cose che si fanno insieme.

 

Erminio e Maria Conte sono venuti ad abitare al Villaggio del Sole  a novembre/dicembre del 1960, come la maggior parte delle famiglie che avevano ricevuto le chiavi della casa in quell’anno.

Erano sposati da tre anni e vivevano in via Btg val Leogra, dove abitavano provvisoriamente in una stanza della casa di un fratello di Erminio. Maria era originaria di Creazzo, infatti si erano sposati nella chiesa di Creazzo, sulla collina.

Quando sono venuti ad abitare al Villaggio è stato come toccare il cielo con un dito, una manna, anche se avevano soltanto i mobili della cucina e della camera e niente altro.

Più o meno tutti allora si sono trovati come loro in una casa grande, comoda, finalmente tutta per loro, ma con poche cose, le indispensabili. Infatti, ricordano, tutti si sono dati da fare per acquistare il necessario, magari a rate, e arredare queste case.

Per questo il quartiere è stato chiamato ‘villaggio delle cambiali’ (o dei chiodi, dei fachiri).

     

Lavoravano tutti e due, Maria nel calzaturificio Rigon e Erminio alla Lima, la famosa fabbrica di giocattoli e trenini. Quando è andato in pensione, dopo quarant’anni di lavoro, gli hanno dato il premio fedeltà. Maria era incinta, quando sono venuti ad abitare al Villaggio, ma i suoi due gemelli, nati a febbraio del 1961, non sono sopravvissuti.

 

“Una cosa era andata bene e un’altra male, questa è la vita” commenta Maria.

     

Da allora  non è più andata a lavorare, anche perché, qualche tempo dopo, nel 1963, è nata la loro bambina, Margherita.

La bambina ha frequentato le elementari al Villaggio e si è trovata molto bene con la maestra, la signora Bruna Molino.

Proprio questa maestra ha dato loro i consigli giusti per la scuola, vedendo le buone capacità della bambina, specialmente per il disegno.

Hanno partecipato alla vita del quartiere, soprattutto attraverso l’attività parrocchiale, con don Gianfranco.

Ricordano con grande affetto e ammirazione questo primo parroco, che si è dato da fare moltissimo per il quartiere.

“Sapeva trascinare e coinvolgere , dicono, e anche se può aver fatto qualcosa di sbagliato, come tutti, è stato capace di fondare questa comunità che era proprio agli inizi”.

Maria  dice “Quando saliva all’altare per celebrare Messa, aveva sempre un sorriso così aperto e comunicativo che invitava a partecipare”.

Lo ricordano in particolare per la sua disponibilità verso tutti.

Quando ha acquistato la macchina ha detto in chiesa che la metteva a disposizione di chi ne avesse avuto bisogno per un’urgenza, lo stesso ha fatto col telefono della canonica.

 

 

Erano gli anni in cui queste cose non erano ancora diffuse nelle famiglie.

Una caratteristica della vita condominiale al Villaggio INA Casa è stata fin dagli inizi una forma di autogestione dei condomini attraverso la responsabilità di caposcala assunta a turno dai capifamiglia, un anno ciascuno, a rotazione, così hanno sempre evitato di pagare un amministratore.

Per le decisioni che riguardano il cosiddetto ”‘manico del pettine” che forma un isolato unico, si riunivano invece i capiscala.

 

Nel loro condominio c’è l’ascensore e la sua installazione ha una lunga storia, che Erminio si ricorda molto bene e ricostruisce accuratamente, anche perché si è battuto in prima persona.

Lo hanno installato nel 1977, e hanno potuto farlo perché non avevano abbattuto i muri del vano predisposto fin dalla costruzione delle case, come invece hanno fatto quasi tutti.

Quando le persone hanno cominciato a invecchiare si sono rese conto di aver sbagliato, ma in quei primi anni sembrava più importante guadagnare spazio in cucina.

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Allora la vecchiaia con i suoi acciacchi sembrava tanto lontana e forse non sono stati ben consigliati fin dall’inizio

Sulla stessa scala abitano due famiglie straniere: una cinese sopra di loro e una jugoslava al primo piano.

“Persone civilissime” dicono Erminio e Maria che si ritengono fortunati per la vita che hanno vissuto in questo quartiere e in questa casa e considerano ampiamente ripagato il prezzo pagato per averla, anche se allora è stato un peso notevole.

Anzi Erminio fa una riflessione sull’oggi e si chiede se non sia stato anche un investimento, visti i prezzi a cui queste case vengono vendute.