Roberta dalla Fontana conserva e ci comunica il ricordo delle due famiglie a cui appartiene, del .loro lavoro e della loro vita nei luoghi che stanno intorno al Villaggio del Sole.

Tutto questo diventa memoria comune e aiuta a collocare il quartiere nel contesto in cui è nato e si è sviluppato.

 

Nel 1920 Amedeo Miolo, detto Lio, mio nonno, sposa mia nonna, Vittoria Longhin. Erano entrambi vedovi e non avevano figli.

   
 

La prima moglie del nonno era morta di febbre "spagnola". Il primo marito della nonna era morto durante la prima guerra mondiale colpito da una pallottola dum-dum.

     
 

Il nonno era originario di Isola di Carturo e la nonna di Monteviale.

     

A Isola di Carturo c’era un’antica tradizione di fabbricanti di botti. Il nonno ha acquistato la casa in via Albera 1, per iniziare in proprio l’attività di "botaro".

La casa disponeva di un’ampia corte e di tre tettoie,che a me da bambina sembravano molto buie.

 

Su un lato c’erano appese varie pialle di dimensioni diverse e sul lato opposto era sistemata una grande sega elettrica che aveva reso molto più veloce il lavoro.

     
 

Quando aveva iniziato a usarla il nonno si era tagliato la falange di un dito perché non aveva ancora fatto l’abitudine alla rapidità della macchina.

     
 

In un altro punto c’era una grande caldaia che serviva a far bollire le doghe per renderle elastiche e dare loro la forma voluta.

     
     

Una volta è scoppiato un incendio e per spegnerlo hanno usato l’acqua della ‘fossetta’. Così veniva chiamata la Seriola che passava accanto alla casa.

   

     

Nel punto in cui lambiva la corte era stato messo un cancelletto di legno.

Questo veniva aperto quando le donne avevano bisogno di risciacquare il bucato nel fosso.

       

Arrivavano con la carriola carica di biancheria, si mettevano in ginocchio sulla tavola da bucato e rimanevano così finché il lavoro era finito.

Sotto quel cancelletto passavano anche le anitre che si allontanavano nuotando lungo la Seriola. Al richiamo della nonna “ane ane ane” tornavano a casa e venivano contate ogni volta perché poteva capitare che qualcuna prendesse un’altra strada.

    

Erano tempi di povertà diffusa e qualche volta il lavoro scarseggiava. I nonni allora,per arrotondare, andavano a lavorare nei campi di qualche contadino dei dintorni. Un anno particolarmente duro per loro, mi raccontavano, è stato il 1929 e quello successivo. C’è stato infatti in quell’inverno il grande gelo che ha danneggiato le viti , quindi niente uva, niente vino, niente botti.

I nonni hanno avuto quattro figli e ai due maschi, Attilio e Rinaldo, detto Aldo, il nonno ha insegnato il suo mestiere di bottaio.
I Miolo fabbricavano botti di tante dimensioni, tini, tinozze e mastelli. Avevano clienti un po’ dovunque. Ricordo che mandavano botti con la ferrovia fino a Frosinone.

Purtroppo Attilio fu mandato in Russia con la divisione Julia, durante la seconda guerra mondiale e non è più tornato a casa.

Dopo qualche anno è morto anche il nonno ed è rimasto Aldo a continuare il lavoro, fino agli anni Ottanta. In quegli anni Aldo e la sorella hanno dovuto abbandonare la casa ormai pericolante.

Furono vendute le lunghe tavole stagionate e ben disposte e così pure le doghe sistemate a formare un grande cubo.

 

La grande casa fu abbattuta e dicono che si sia come sbriciolata tanto era ormai vecchia.

 

Un altro capitolo che si intreccia con questa storia riguarda la famiglia dei Dalla Fontana,imparentati più tardi con i Miolo. Questi venivano da Arsiero,contrada Peralto. Giovanni Dalla Fontana era nato l’11 novembre del 1859.

 

Nel 1915 si è allontanato da Arsiero,dove era stato anche Sindaco, diventata seconda linea del fronte e ha acquistato la casa sul monte Crocetta, attualmente dei Doria, dove si stabilì nella primavera del 1916.

 

La casa aveva annessa una chiesetta e durante tutto il mese di maggio alla sera si recitava il rosario.

 

La chiesetta era anche uno dei posti dove il parroco dei Carmini si fermava per le rogazioni.

 

Per la festa ‘dei oto’ arrivavano sul monte Crocetta centinaia di persone per vedere il lancio dei paracadutisti.

 

I luoghi intorno al Villaggio del Sole avevano una loro caratteristica vita di cui si possono ricordare episodi e circostanze.

 

All’Albera c’è sempre stata la fermata del ‘tram’ che veniva da Vicenza per viale Trento e andava fuori città fino al Moracchino. Molte persone lasciavano la loro bicicletta nella corte della nonna per prendere il tram e andare in centro, e al ritorno ripassano a prenderla.

 

Via Pecori Giraldi non esisteva, in casa è sempre stata chiamata ‘la strada nuova’ appunto perché se ne ricordava la costruzione come recente.

 

Quella che adesso è via Granatieri di Sardegna veniva chiamata ‘stradon’, ed era strada bianca, piena di buche e di fango quando pioveva, fino a metà degli anni Sessanta.

 

Quando mia sorella ha fatto la prima comunione nel 1963 hanno dovuto trovare un’automobile per portarla in chiesa perché non si sporcasse il vestito.

 

C’erano alcuni ragazzi che, prima di andare a scuola, arrivavano in fondo al Biron, quella che adesso è la strada Ambrosiani, per comprare il latte.

 

Partivano da San Bortolo ed erano esperti nello schivare “Schissa pompier del latte” che era il daziere che perlustrava varie zone della città.

 

Nella stagione primaverile, dal19 marzo, i contadini facevano ‘magasin’ (magazzino), cioè mettevano in vendita uova, vino, salumi, quanto era rimasto dall’inverno.

 

Era una specie di agriturismo. Quando si faceva ‘magasin’ si metteva fuori una frasca,per segnalare la cosa ai molti ‘cittadini’ che venivano a fare un giro da queste parti nei giorni festivi.

 

Nelle osterie dei dintorni (Perozzi, Marini) c’era il gioco delle bocce che veniva praticato da molti.

 

L’osteria Perozzi detta ‘Da Tullio ha portato per molti anni l’insegna col nome Tullio scritto alla vicentina, senza la doppia ,‘Tulio’ e l’errore ‘ stato corretto solo quando si è imbiancata la facciata.

 

Monte Crocetta era uno dei posti più frequentati, anche per giochi e scampagnate. In particolare la Busa Martello serviva ai ragazzi per sciare e giocare sulla neve d’inverno perché è una conca molto ampia e sicura.

 

La case dei contadini proprietà dei conti Zileri erano caratterizzate dal loro particolare colore bianco e rosso perché costruite in pietra locale e mattoni a vista.

 

Venivano dette ‘le case della contessa ’, l’ultima della famiglia che si conoscesse .

 

Ce ne sono ancora alcune nei dintorni.

 

Le famiglie che abitavano in questa zona si conoscevano tra loro e avevano anche abitudini comuni. Nella stalla dei Gavasso fino alla seconda guerra mondiale le persone si riunivano per fare ‘filò’, come in tutti i nostri paesi di campagna.

 

Per gli acquisti ci si riforniva anche da ambulanti che passavano regolarmente. Modesto ‘el casolin’ passava dal Biron di Sopra e di Sotto, proveniente dalle Maddalene, con il suo furgone carico di generi alimentari, e arrivava fino alle Cattane.

 

Aveva i posti fissi per la sosta e quando arrivava tirava fuori dalla tasca del suo grembiule scuro il corno di ottone e suonava il suo tipico “pè pè pè”.

 

A quel suono noi ragazzini correvamo fuori cercando di trovare un po’ di spazio per poter dare un’occhiata all’interno: lo sportello infatti per noi era alto e stretto.

 

Poi Modesto cambiò furgone e ne prese uno più moderno. .

 

La nostra zona era servita anche da Mario Micheletto ‘el fornaro’ che dal Capitello, prima in bicicletta e poi motorizzato, portava il pane del suo forno nelle nostre case. Il suo richiamo era : “Mario,panee”

 

Il Villaggio del Sole vide sorgere il mercato rionale nel 1962 proprio in via del Sole quando questa era ancora chiusa al traffico, prima che il mercato fosse spostato nella sede attuale.

 

Ma con questo comincia un’altra storia ancora…